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Mazara. I.C. "Giuseppe Grassa": Un viaggio dall'altra parte della Sicilia

Il convento e l'arte dei "muccunetti", a Mazara sei nuove suore di clausura

(Sabato 3 Dicembre 2016)
Mazara - Anche loro hanno imparato a fare «i muccunetti». Sono le tre suore nigeriane di colore delle sei arrivate nel convento di clausura delle Benedettine del monastero San Michele. Tre sono andare via. Si sono unite alle sette suore italiane che vi dimorano da diversi anni.

Per le sei suore, arrivate, tre dal continente africano, di “muccunetti” (termine dialettale che vuol dire "bocconcini"), non avevano mai sentito parlare, né conoscevano quest’arte dolciaria che si tramanda in questo convento di clausura da intere generazioni.

Bisogna fare un tuffo nel lontano passato per scoprire che si tratta di antichi dolci tipici della Sicilia occidentale e precisamente di Mazara del Vallo, realizzati con zuccata, mandorle, zucchero e uova. I muccunetti vengono lavorati tutti a mano seguendo l'antica ricetta, e confezionati ad uno ad uno nella carta velina, a forma di grosse caramelle.

Le monache di San Michele si sono tramandate l’arte ed oggi questi particolari dolci si trovano in commercio nelle pasticcerie siciliane, oltre che nel convento secondo il vecchio metodo di vendita: si passano i soldi in una ruota di ferro che gira e inghiotte le monete, lasciando al loro posto un pacchetto di dolci.

I “muccunetti”nascono grazie alla maestria delle suore benedettine del convento di clausura di San Michele, secondo l'antica tradizione pasticcera siciliana dei conventi di clausura, che ha contribuito ad arricchire l'arte dolciaria siciliana. L`arte pasticcera sin dall`antichità svolgeva un ruolo fondamentale nella vita monacale, infatti dolci realizzati venivano dati in dono come moneta e in questo modo il chiostro acquistava l`attenzione del mondo esterno. Sul finire del XVIII secolo l`arte dolciaria nei conventi si diffuse a dismisura fino a diventare fonte di reddito. La storia delle monache di clausura, in tal senso, ha riguardato intere generazioni di mazaresi. “Da anni – dice Nicolò Sardo – vado nel convento di San Michele a comprare i “Muccunetti”. Ma sono certo che non c’è mazarese che non li abbia gustato”. Una storia lunga almeno 500 anni che si perpetua ancora oggi, ed in particolare nelle festività in cui in molti, ai dolci delle pasticceria, preferiscono i “muccunetti” delle suore di clausura. Per loro una forma di sostentamento. Una volta si adoperavano anche per il cucito, oggi non più perché molte delle suore sono anziane. Le dieci suore però non lavorano solo per i “muccunetti”, la loro giornata è fitta di preghiere e dietro quelle preghiere c’è la storia personale di ogni suora. Le tre venute dai Paesi della lontana Africa, forse nemmeno conoscono la città dove sono arrivate. Dietro il portone del monastero, ognuna di loro, potrebbe raccontare la propria storia e motivare l’estrema decisione di vivere la vita in clausura lontana dal mondo e dai fatti. Vite vissute in preghiera, senza potere ascoltare i rumori del mondo, le sofferenze, le angustie ma anche le gioie. Lontane da tutto. «Il mondo della clausura - spiega al periodico “Condividere” della Diocesi di Mazara madre Geltrude Giglio, 94 anni lo scorso 27 novembre, badessa del monastero - è un mondo apparentemente distaccato dal mondo esterno che oltrepassa le celle del nostro isolato chiostro, ma in realtà la vita di clausura ruota intorno all’attività del pregare, fare penitenza per l’intera umanità; una realtà puntata più sull’essere che sull’azione missionaria rivolta verso il mondo esterno e la gente. La preghiera è contemplazione, collaborazione per creare il Regno dei Cieli». Con la preghiera anche il lavoro. Ecco perché dentro quelle mura nascono dalle loro sapienti mani i deliziosi dolci e le ostie che le monache vendono al pubblico. Ricette non più segrete, finite da anni nelle pasticcerie dove, però, gli stessi dolci hanno altri sapori e altri involucri, non in carta velina come quelli delle monache ma in carta d’alluminio. Un piccolo dettaglio che tipicizza i muccunetti di San Michele. Il resto della vita claustrale ha i tempi della preghiera e dei canti. La domenica i loro volti si possono scorgere dalle grate che sovrastano l’altare della chiesa San Michele dove padre Giuseppe Alcamo celebra la messa. Poi ritornano nelle loro celle per pregare, quindi il lavoro ed il silenzio. Il mondo è da un’altra parte. Il monastero si presenta come una fortezza, ingentilita dal panorama che si gode dalla sua loggia di osservazione, che abbraccia tutta la città. Sfumata nei secoli la sua antica ricchezza, il Monastero conserva tuttavia la tangibile dimostrazione del suo passato splendore in opere di alto valore artistico, come il baculo d’argento della Badessa, prezioso lavoro di oreficeria risalente al XVI sec. L’imponente struttura è stata ristrutturata ed ampliata , nell’assetto attuale, nel 1697. Nel 1933 ne fu abbattuta un’ala per costruirvi le scuole elementari. San Michele Arcangelo, è la Chiesa annessa al monastero benedettino. Venne costruito nel 1637 durante il governo del Domenico Spinola vescovo di Mazara del tempo e come scrisse lo storico Filippo Napoli "aveva grande rinomanza in tutta la Sicilia occidentale per grande decoro e pingue patrimonio". Venne destinato alle monache di clausura mentre toccò al Vescovo Giuseppe Cigala nel 1678 consacrare la nuova Chiesa in mezzo all`esultanza del clero e della cittadinanza. Venne decorata con finissimo stucco nel 1697, arricchito d`oro nel 1764 sotto il governo dell`abadessa Donna Maria Benedetta Gerbino. Oltre ai decori finissimi, sono posti all`interno del tempio venti statue di finissimo stucco, statue simboliche come "la Mansuetudine", "La Costanza", "La Pace", il ciborio a forma di trittico (1532) realizzato dal Gangini, nonché la cantoria maggiore opera del Maestro Natale Pugliese realizzata tra il 1696 – 1702. Il Tempio è adornato da molti affreschi, in particolare vi troviamo quelli realizzati dal pittore Tommaso Sciacca quali "La Strage degli innoccenti" e il più importante, nonché più realistico il "Trionfo di San Michele sopra lucifero" che si può ammirare sopra la volta vicino alla cantoria. Vi è custodita quella che per i mazaresi è considerata la statua più preziosa e cioè la statua di colui che è chiamato il Santo Bambino ed è anche il santo protettore della città. Stiamo parlando della statua Argentea di San Vito , concittadino e Patrono della Città. Tocca alle laboriose monache benedettine custodirlo e ogni anno consegnarlo alla Città per i dovuti festeggiamenti.

[fonte: GdS - Salvatore Giacalone]