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Mazara del Vallo, un segmento prezioso di magica sicilianità

Un luccichio dorato avvolge le ore del crepuscolo, Piazza della Repubblica al tramonto toglie il fiato. Una bellezza sconfinata e antica quella del cuore pulsante di Mazara del Vallo, una bellezza che odora di quella Storia importante secondo cui la nostra isola
può vantare un passato glorioso e imponente, ma odora anche di storie di ordinaria umanità e soprattutto di mare.

La Pandemia ha cambiato le nostre abitudini, anche in fatto di viaggi. Dopo la drammatica emergenza covid (e il conseguente lockdown), rimane ancora una certa apprensione nell’esporsi alla vita cui eravamo abituati. Si vive ogni situazione con cautela, cercando di evitare rischi eccessivi anche per quanto riguarda gli spostamenti, di navigare a vista e di muoversi prevalentemente all’interno dei confini regionali.

Ecco che allora si fa largo l’ipotesi di cominciare a conoscere un po’ più a fondo la nostra terra, scoprendo, ad esempio, come la Sicilia non sia semplicemente un’isola, ma un vero e proprio micro-continente. Un piccolo cosmo dove sono presenti luoghi diversissimi, particolari e unici nelle loro caratteristiche peculiari. Mi capita a volte, parlando con gente proveniente dal nord Italia, di rammaricarmi quando mi accorgo che magari conoscono la Sicilia meglio di me. Una situazione che non di rado mette in luce la propensione dei siciliani a preferire le mete “esotiche” rispetto a quelle autoctone. Invece le nostre città e i nostri borghi sono luoghi in cui risplende l’incanto della natura e dell’arte, dei secoli che, sovrapponendosi, hanno lasciato in eredità un patrimonio di bellezza che si imprime nei ricordi e nel cuore di chi ha il piacere di guardare e comprendere la storia antica di popoli che si sono avvicendati e infine uniti, lungo un percorso tortuoso ma affascinante, sospeso tra storia e mito.

Un segmento prezioso di magica sicilianità rappresenta, senza dubbio, questa cittadina in provincia di Trapani, che ho scelto come meta, in uno dei miei week end fuori porta. L’idea di prenotare una camera in un B&B all’interno del centro storico di Mazara, a due passi dalla casbah, ha da subito solleticato la nostra curiosità, mia e di mio marito, di scoprire la sorprendente integrazione tra maghrebini e mazaresi che affonda le sue ragici in un tempo lungo parecchi secoli e che caratterizza la cittadina della flotta di pescherecci più grande della Sicilia e del Satiro danzante. Un suggestivo lungomare ci accoglie e fa da sfondo integratore a un agglomerato urbano che si presenta subito con l’incantevole Piazza della Repubblica, ornata da palme secolari e dal merletto dei suggestivi portici dorati. Dalla piazza si accede in via Garibaldi, alla fine della quale si dipana il dedalo complesso dei vicoli tipici della casbah.

Se qualcuno si trovasse a camminare tra le viuzze di questo posto così speciale, senza avere indicazione alcuna, avrebbe non pochi problemi nel comprendere dove stia passeggiando: Sicilia o Tunisia?

Un’atmosfera mediorientale ti cattura completamente tra le modeste abitazioni decorate con maioliche tradizionali, gli odori di spezie, la musica araba, la moschea e i centri culturali dove si discute, si gioca a carte e si fuma il narghilè. Dappertutto si sente a pelle l’accoglienza autentica di chi ti offre spontaneamente indicazioni per non perderti o finire nei vicoli ciechi, della gente che si ferma in attesa che tu scatti la foto perfetta, dei sorrisi e delle gentilezze gratuite, che non ti aspetti e che ti avvolgono completamente in un clima caldo e affettuoso.

Dopo il lungo giro alla casbah, ritorniamo in via Garibaldi e ci fermiamo in una trattoria dall’aspetto raffinato ma familiare, pregustando già con la fantasia sua maestà il gambero rosso, da assaggiare rigorosamente crudo: un’esperienza sublime per le papille gustative. E mentre ceniamo, il canto del muezzin si diffonde nell’aria come il vento fresco all’imbrunire di una giornata arsa dal sole. Le nostre presenze tra i vicoli della casbah è come se si fossero fuse nell’eternità di un luogo senza tempo, privo di discriminazioni e di intolleranze.

La maggior parte dei musulmani vive nel centro storico, in quelle zone dove parecchi secoli fa vivevano anche i loro antenati, ormai perfettamente integrati nel tessuto sociale e politico mazzarese: cittadini, lavoratori, studenti, italiani a tutti gli effetti. Abitanti di un luogo dove il dialetto siculo si fonde con quello arabo e la cucina presenta incredibili sfumature.

Un altro abitante del luogo, una sorta di mazarese illustre, che merita immancabilmente una visita speciale, è l’ormai celebre Satiro Danzante. Nel 1998 un peschereccio mazarese, comandato dal Capitan Ciccio, recuperò nelle acque del canale di Sicilia, a circa 480 metri di profondità, una scultura bronzea alta due metri dal peso di oltre 96 kg. Il Satiro oggi è ospitato all’interno del Museo del Satiro, ricavato dalla Chiesa sconsacrata di Sant’Egidio. Si tratta di un esempio raro di statua bronzea greca. Il personaggio rappresentato è colto nel momento dell’estasi della danza orgiastica ed è l’emblema mirabile di un’arte grandiosa, suggestiva, quasi ipnotica.

Dalla piazza del Museo del Satiro ci incamminiamo alla scoperta del teatro Garibaldi, piccolissimo gioiello incastonato tra la magnificenza di splendide chiese secolari (da visitare una per una) e il profumo del mare. Di epoca borbonica è un esempio molto particolare di teatro all’italiana, sia per la singolare struttura che rievoca le origini marinare della città, sia per il significato rivoluzionario che incarna, nel suo essere un vero esempio di “Teatro del Popolo” con in suoi palchetti tutti uguali, privi di postazioni elitarie o simboli nobiliari.

Anche questo teatro rappresenta un altro significativo scorcio di un paese che ha mille colori e altrettante ispirazioni. L’energia di un luogo che comunica attraverso le pietre di monumenti significativi e l’accoglienza dei suoi abitanti. I mazaresi cristiani e musulmani camminano, vivono, lavorano fianco a fianco, immersi nei racconti multietnici della loro splendida città.

Le campane delle chiese suonano all’unisono con il canto del muezzin mentre il sole, calando, decreta, con riflessi d’oro sulla pietra antica, la fine di un altro giorno. Io e mio marito veniamo coinvolti in una atmosfera talmente rilassante e fascinosa da farci abbandonare la voglia di parlare tra noi. Ci guardiamo negli occhi e ci chiediamo con lo sguardo come definiremmo questa città unica, affacciata nel Mediterraneo. Il nome che pensiamo all’unisono è città dell’armonia e della tolleranza. Mi viene in mente, allora, una frase di Anna Arendt appena letta perché dipinta in una piccola parete di maioliche di un vicolo scarno e stretto della casbah: “La tolleranza è la capacità di pensare anche per un solo istante che l’interlocutore possa avere ragione”.

[Fonte articlo e foto: www.filodirettomonreale.it]