Da oggi la nuova Commissione Ue entra nel pieno delle sue funzioni di governo; comincia ufficialmente il nuovo quinquennio del gabinetto von der Leyen che guiderà l’Europa a 27 fino al 2029.
Come è stato più volte detto, anche dalla stessa presidente, ci attende un periodo estremamente complesso: le sfide sul tavolo sono molteplici e di estrema delicatezza.
Tra i dossier che dovremo cercare di forgiare recuperando aderenza agli interessi del nostro paese c’è anche la pesca.
Salutiamo quindi il nuovo commissario cipriota Kostas Cadis, responsabile per la pesca, ma, soprattutto, l’italiano Raffaele Fitto che, lasciato il governo Meloni, svolgerà un ruolo di primaria importanza istituzionale, oltre che strategica.
“Contribuire a garantire che il settore della pesca europea diventi più resiliente, sostenibile e competitivo nel mercato globale e guidare le attività finalizzate a promuovere un'economia blu competitiva e sostenibile.” Queste le indicazioni fornite dal presidente von der Leyen attraverso la lettera d’incarico del 17 settembre scorso con la quale venne designato Fitto.
La Politica Comune della Pesca (PCP) sconta un lungo periodo nel quale si è assistito ad una netta prevalenza di scelte eccessivamente ambientaliste, al limite dell’ideologia, che hanno prodotto forte dissenso verso l’Unione europea fiaccando la tenuta della flotta italiana. Questo a tutto vantaggio della concorrenza produttiva e commerciale di Paesi extra-Ue.
L’obiettivo della sostenibilità si può ancora conseguire a patto di cambiare rotta e costruire da subito una filiera in grado di coniugare la tutela dell’ambiente e la difesa del lavoro e dell’impresa.
Lo scenario dentro il quale si muove il settore della pesca è decisamente complesso, soprattutto per le sfide che è chiamato ad affrontare in tempi troppo brevi; sfide quali la transizione ecologica e l’innovazione continua delle misure di gestione, che non tengono conto della competizione, spesso sleale, cui sono esposte le marinerie italiane.
Per non parlare poi dei cambiamenti climatici e delle alterazioni ambientali cui (anche) la pesca è esposta subendone gli effetti senza potervi (op)porre rimedio; effetti in grado di trasfigurare interi habitat minacciandone la biodiversità: il tema delle specie alloctone invasive (granchio blu, vermocane, ecc.), dell’innalzamento delle temperature e la conseguente anossia in alcuni ambienti umidi (sacche e lagune), della crescente aggressione della mucillagine, delle massicce inflorescenze algali e della diffusione di agenti patogeni e virali ha richiamato l’attenzione di tutti durante questi mesi e spinto le Istituzioni a ricercare non facili soluzioni combattendo fra la necessità di fronteggiare le emergenze e il bisogno di disegnare alternative di sviluppo.
Gli strumenti normativi introdotti negli ultimi anni dall’Ue hanno messo a dura prova la tenuta delle imprese di pesca; molte di loro hanno dovuto chiudere, perdendo numerosi posti di lavoro e quote di mercato a vantaggio di altri competitor extraeuropei.
Ha sempre prevalso, infatti, il principio di precauzione, sul presupposto di dati e conoscenze insufficienti, finendo inevitabilmente col trascurare l’analisi degli impatti socioeconomici sulle varie flotte.
Come è stato più volte ricordato, lo sforzo di pesca si è ridotto grandemente negli ultimi anni e con esso, come dicevamo, i principali indicatori socioeconomici.
- La flotta da pesca nazionale si è ulteriormente ridotta negli ultimi 20 anni (2004/2023) scendendo alle 11.685 imbarcazioni al 31 dicembre 2023 (erano 14.873 nel 2004), pari al 16% circa della flotta Ue (81.071 unità) con una contrazione complessiva superiore al 21% nell’ultimo decennio
- L’ultimo bando per l’arresto definitivo mediante demolizione, varato dall’Amministrazione italiana, ha visto pervenire oltre 1000 domande di rottamazione che, rapportate al numero delle unità appartenenti ai segmenti di pesca ammissibili allo scrapping portano ad un’incidenza sul totale della flotta che supera il 25%
- Analogo discorso vale per i giorni di pesca totali di tutti i mestieri di pesca nazionali: -33% dal 2008 al 2023 (-15% nel solo quinquennio 2019-2023). Nel solo Mediterraneo occidentale (da Imperia a Trapani, Sardegna inclusa) lo sforzo di pesca in termini di giorni si è ridotto dal 2020 al 2024 del 42,5%
- L’età media della nostra flotta è di 31 anni
- I pescatori imbarcati sono oramai poco meno di 22 mila, di cui circa 19.000 a tempo pieno (10 anni fa erano circa 30.000, il 16% in meno), mentre quelli che operano a terra sono oltre 100 mila, per un totale che si aggira attorno ai 125 mila lavoratori (escluso l’indotto)
- Con la diminuzione dello sforzo di pesca si riducono anche le catture (nel 2023 -6,85% rispetto al 2022) mentre l’incidenza dei costi di produzione (soprattutto energetici) per alcuni tipi di pesca, come quella a strascico, rimane costante intorno al 60/70% del totale
- Nonostante ciò, le teorie economiche dell’Ue (meno sforzo di pesca più guadagni) continuano ad essere smentite dai fatti: nel corso dell’ultimo decennio i guadagni provenienti dagli sbarchi sono diminuiti di oltre il 30%
- Nel frattempo, il consumo di prodotti ittici in Italia ha superato nel 2023 il milione di tonnellate (circa 1.200.000 tonnellate). Il consumo di pesce pro-capite ammonta a circa 25 kg, leggermente al di sopra del livello medio di consumo dell’Ue, fermo a circa 23 kg a testa. Tuttavia, l’incremento dei consumi è appannaggio dell’importazione, in costante crescita da oltre 15 anni
Nel mentre tutto ciò accade il nostro Paese non registra alcuna procedura di infrazione aperta in materia di pesca; l’azione di Governo è quindi coerente con il quadro normativo unionale pur non mancando di contestarne le posizioni, come ricordato in apertura, troppo sbilanciate – sin qui – verso la sola componente ambientale della sostenibilità.
Il G7 “Agricoltura e Pesca” svoltosi a settembre ad Ortigia ha confermato la centralità nell’agenda mondiale dell’economia primaria ed ha contribuito a definire nuove politiche di sviluppo capaci di coniugare correttamente ma, soprattutto, finalmente la sostenibilità.
Queste le priorità che anche come Amministrazione comunale di Mazara del Vallo, che ricordiamo essere una delle città di pesca più importanti in Europa e nel Mediterraneo e che vogliamo che resti tale, indichiamo alla nuova Commissione:
1. ridefinire l’impostazione della Politica Comune della Pesca al fine di recuperare il necessario equilibrio fra tutte le componenti della sostenibilità e provare ad arrestare un declino altrimenti inesorabile ed esiziale per le marinerie non solo italiane; la riduzione inarrestabile dello sforzo di pesca, non più supportata da accettabili ragioni scientifiche, sta portando la pesca all’estinzione, a vantaggio di prodotti di importazione sulle cui qualità – sociali ed altro – non vi sono sufficienti margini di garanzia
2. ridisegnare in particolare il Reg. (UE) n° 2021/1139 (FEAMPA) per consentire di affrontare la transizione ecologica senza ostacoli illogici quali quelli che impediscono finanziamenti per rinnovare la flotta.
Occorre rimuovere i vincoli che immotivatamente impediscono investimenti sul naviglio, vecchio, e sui motori. In particolare, non si può affrontare il tema della de-carbonizzazione dei motori endotermici (gli unici, al momento, in grado di muovere le barche) senza sostegno da parte dei fondi Ue;
3. impedire che un’eventuale riforma della tassazione dei prodotti energetici in Ue così come l’accordo WTO in materia di SAD (Sussidi Ambientalmente Dannosi) crei ulteriori aggravi per il settore della pesca;
individuare una nuova e diversa disciplina che sappia offrire ai produttori – non solo italiani – strumenti più efficaci per la difesa dagli effetti dei cambiamenti climatici e dalla presenza crescente di specie alloctone invasive o altamente dannose in grado di altera interi habitat sconvolgendo gli equilibri socioeconomici.
Mariella Ballatore
Portavoce del sindaco