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Palermo. Poca rete e ridotto fund raising, le ODV siciliane ai raggi x. presentata oggi i risultati della ricerca sul volontariato

Prevale il modello localistico: «Le organizzazioni non si confrontano». Zamaro: «Il web aiuta a mettersi insieme».
(Lunedì 19 Giugno 2017)
Palermo - Poca sollecitazione pubblica, bilanci non sempre trasparenti ma, dall’altro lato della medaglia, un uso intelligente del web che aiuta a mettere in rete le organizzazioni di volontariato. È una fotografia puntuale quella che viene fuori dalla ricerca “Volontari in Sicilia, un atlante ragionato”, presentata stamattina
all’Auditorium Rai di Palermo. La ricerca – promossa dal Comitato di Gestione del Fondo Speciale per il Volontariato in Sicilia, con la collaborazione dei tre Centri di servizio siciliani – è stata pubblicata per la Giappichelli e fa l’analisi del mondo del volontariato in Sicilia, evidenziandone criticità ma anche valori come risorse. Dati e valori sono venuti fuori dalle 1.168 organizzazioni di volontariato censite, rispetto alle 2.000 unità presenti negli archivi dei CSV siciliani. Anno di riferimento della ricerca è stato il 2014.

POCA SOLLECITAZIONE PUBBLICA – Uno dei dati che è emerso dalla ricerca è la bassa propensione a utilizzare forme di “sollecitazione pubblica” del contributo dei cittadini (vedi 5 per mille). A queste forme di coinvolgimento pubblico aderisce il 53,8% delle organizzazioni rispondenti. Nello specifico è emerso: Alla leva fiscale del 5 per mille ricorrono il 47,9% delle organizzazioni di volontariato, mentre meno della metà sono quelle che praticano qualche attività di fund raising (21,6%). Per le 1.168 organizzazioni coinvolte, il 5 per mille ha garantito nel 2014, 1,4 milioni di euro.

MODELLO LOCALISTICO E POCA RETE – La ricerca ha messo in luce anche come in Sicilia prevale il modello localistico, quando si parla di coinvolgimento: in provincia di Trapani (71%), Messina (72%), Agrigento (73%) e Siracusa (70%) e il partner più favorito è l’istituzione pubblica. Le organizzazioni fanno poca rete: solo in provincia di Catania ben 277 organizzazioni di volontariato hanno dichiarato di non avere nessuna relazione con altri soggetti interni ed esterni. «Questo significa – spiega Antonino Anastasi dell’Università di Messina, anche lui autore della ricerca – che queste organizzazioni vivono e agiscono senza confrontarsi con i punti di vista e i modi di agire di altri soggetti che operano nel medesimo territorio. Questo è un punto critico del volontariato siciliano che merita attenzione da parte degli attori istituzionali che si occupano di promozione e sviluppo del settore».

L’ASPETTO ECONOMICO – La metà delle organizzazioni di volontariato dichiara introiti inferiori a 5 mila euro, un quarto dichiara un volume di entrate fra i 5 e i 20 mila euro, un quarto un volume superiore a 20 mila euro. Solo 103 su 1.168 OdV, quindi l’8,8%, riesce a darsi una struttura operativa stabile, con lavoratori retribuiti. Dall’analisi dei bilanci delle organizzazioni di volontariato è emerso un dato significativo: c’è una scarsa propensione delle organizzazioni di volontariato a una rendicontazione trasparente o, almeno, a fornire dati finanziari rigorosamente controllati e pubblicamente approvati. Questo è venuto fuori dal fatto che «nella maggioranza dei casi, pur disponendo di un proprio bilancio, non vengono indicate né le entrate o i proventi, né le uscite o gli oneri» spiega Giuseppe Campana, uno degli autori della ricerca.

FOCUS ODV – Dalla ricerca è emerso anche che l’età mediana dei presidenti delle organizzazioni di volontariato siciliane è pari a 53 anni, la metà di essi è attivo nel mondo del volontariato almeno da 13 anni (un quinto di essi lo è da oltre 20 anni), nel 64,4% dei casi è un uomo, il 34,8% dichiara di possedere un titolo di studio pari alla laurea (27,4%) o a una specializzazione post lauream (7,4%). Le organizzazioni di volontariato attive in Sicilia dichiarano che, alla fine del 2014, tra le loro file si potevano contare 131.837 soci (51.292 donne), 23.054 volontari (11.538 donne) e 1.890 giovani del servizio civile (1.030 donne).

DATI DI VALORE - Le informazioni a disposizione delle organizzazioni sono considerate dagli autori della ricerca «un patrimonio conoscitivo prezioso che andrebbe valorizzato e messo in rete». Spesso, dicono ancora gli autori, «questo supplisce a una carenza informativa dei Comuni e degli locali stessi. «Dal focus di Enna – spiegano i ricercatori – è emerso che alcuni enti locali non sanno neanche quanti sono i disabili del loro territorio».

«RICERCA SIA BASE DI LAVORO SINERGICO» - «Ci auguriamo che questa ricerca sia la base di un lavoro sinergico che vedrà insieme mondo del volontariato e la politica» si è auspicato Vito Puccio. «Un dato positivo emerso è quello dell’utilizzo del web – ha detto Nereo Zamaro, funzionario dell’Istat e coordinatore della ricerca – questo è un elemento che può ben essere utilizzato per creare rete». «Dobbiamo alimentare le radici del volontariato, favorire le esperienze di imitazione positiva» ha ribadito Marco Musella, direttore della collana per la Giappichelli. Presenti all’auditorium stamattina, tra gli altri, i tre presidenti dei Centri servizio, Giuditta Petrillo, Santi Mondello e Salvatore Raffa, l’Arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, Emanuele Alvano, direttore generale dell’Anci Sicilia, Calogero Foti a capo della Protezione Civile in Sicilia e gli onorevoli Giuseppe Lupo e Teresa Piccione.

Max Firreri, Nunzio Bruno