Mercoledì 31 Agosto 2016
Mazara - Malattie professionali dei pescatori e riposo biologico. Ecco i temi che emergono nella marineria di Mazara in questa calda estate. Sembrano distanti tra loro ma in effetti entrambi hanno come comune denominatore l' uomo - pescatore.
«Da 40 anni che vado a pescare. Ho iniziato quando mio padre, a soli 15 anni, mi portò in barca. Da allora mi sono innamorato del mare e del mestiere ed ho continuato senza pause. Il fisico però non mi aiuta più. Reumatismi, ernie, dolori lancinanti alla schiena, qualche colpetto al cuore, ma devo andare avanti. Ho moglie e figli». Ecco la testimonianza di Leonardo, marittimo di Mazara che, su e giù nel tempo, ha accumulato anni di navigazione, ma ancora non pensionabile e diverse malattie che però non vengono riconosciute a causa della professione esercitata. L’uomo e il mare di oggi non è la poesia di Charles Baudelaire o la trama del famoso romanzo “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway, ma una realtà totalmente cambiata sia per le attrezzature obbligatorie che devono essere portate in barca, sia perché il mare consuma l’organismo per il sole caldo o per le tempeste. Le malattie più frequenti? Patologie polmonari, gastriche, cutanee che possono essere riscontrate. E poi il mare, oggi, ha dei confini e l’equipaggio di un peschereccio non può andare dove vuole e bisogna saper leggere le carte e i computer con grande lucidità. Un comparto in crisi, che dovrebbe mirare alla sostenibilità del lavoro e dei pescatori e che invece stenta a riconoscere anche le malattie professionali con appena sole 56 domande riconosciute ufficialmente nel nostro Paese. Un dato allarmante, denunciato dalla Uil pesca nel corso di un convegno a Molfetta, ed è proprio da questo dato che il sindacato è voluto ripartire per affrontare di petto la problematica attraverso il progetto “La sicurezza nelle nostre reti” realizzato in collaborazione con l’Ital-Uil. Si tratta di una sperimentazione che è partita dalla marineria di Mazara del Vallo e che ha visto l’imbarco insieme ai pescatori di una equipe medica d’eccellenza guidata dal dottor Sergio Lavicoli. Per una settimana sono state monitorate le condizioni fisiche dei lavoratori con l’obiettivo di promuovere una prassi ottimale nello svolgimento delle diverse mansioni a bordo e di prevenire danni biologici di ogni sorta. È un modo per evitare che i marinai siano costretti a dover necessariamente negoziare la propria vita con il dovere che li spinge e li costringe a lavorare anche in condizioni avverse pur di portare il pane a casa. Ma insorge un altro problema che da anni assilla marittimi ed armatori e cioè il fermo biologico. Sebbene necessario per la rigenerazione della fauna marina, secondo la segreteria nazionale della Uila Pesca, andrebbe riorganizzato secondo una strategia più efficace. La proposta riguarda il blocco della pesca di volta in volta in zone differenti, abolendo di fatto la restrizione vigente calcolata in giorni. E poi è possibile arrestare la pratica ittica in estate, periodo di maggiore consumo di pesce in Italia? “È chiaro – dice Uila Pesca - che non si vuole mettere in atto un protezionismo ad oltranza ed autoreferenziale ma politiche efficaci e differenziate che partano da un sostrato di ricerca scientifica che possa supportarle al fine di ottimizzare i risultati”. La marineria mazarese però sottolinea: “perché – dicono marittimi ed armatori – mentre noi rispettiamo il fermo, le marinerie dei Paesi del nordafrica, Tunisia, Egitto, Algeria, Libia, vengono a pescare nel nostro mare?. Ma che riposo biologico è questo?”.
[fonte: GdS - Salvatore Giacalone]