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L’erosione di Tonnarella vista da un naturalista

(Domenica 3 Marzo 2019)
I recenti fondi europei per 17milioni di €, destinati al Comune di Mazara del Vallo e il nuovo crollo dell’asfalto del lungomare Fata Morgana di Tonnarella hanno riportato alla ribalda la questione dell’annosa erosione della spiaggia, sopraffatta appunto dall’asfalto e dal cemento tra gli anni ’60 e ’80. Nel corso di quegli stessi anni,
imprese del gruppo ENI hanno realizzato il noto metanodotto Algeria – Italia che approda proprio a limite di Tonnarella, ovvero nel biotopo di Capo Feto che già allora era tutelato da Vincolo Paesaggistico e da Vincolo apposto dall’ex Assessorato regionale Agricoltura e Foreste di Oasi di Protezione e Rifugio della Fauna. La copertura della condotta di gas, poco prima dell’approdo, ha formato un banco che per un certo tratto, quasi a limite del mare che bagna Tonnarella (pressi del Largo F.lli Rosselli), si presenta orizzontale alla linea di costa. Il banco o secca che sia, imprevedibilmente, oltre a garantire una soddisfacente copertura della condotta, si è rivelato un ottimo frangiflutti che preserva l’estrema parte est della palude di Capo Feto dalle forti mareggiate invernali e primaverili spinte dai venti di ponente e di libeccio. La penisola creatasi, nel breve volgere di tempo, ha dato, tra l’altro, vita ad uno straordinario ecosistema marino e terrestre che, però, è stato lasciato dal concessionario, almeno dal punto di vista naturalistico, nel più assoluto abbandono e degrado, affollato da pescatori professionisti e non,
da subacquei bombolari, da imbarcazioni per la pesca che fino a qualche anno addietro stazionavano là anche d’inverno (considerato il riparo), nonostante le innumerevoli segnalazioni a chi di competenza. Nel periodo estivo, formando una sorta di rada, è richiamo dei diportisti che si spingono ad ormeggiare a limite della terra ferma, ovvero della palude di Capo Feto


 Pensare che la Secca, con la diga del porto e con la diga che forma la laguna di Tonnarella (Colmata B), possa essere la causa dell’erosione della spiaggia di Tonnarella sembra un assurdo a chi da anni, sul posto (il solo rilevamento satellitare non è sufficiente), nel corso delle quattro stagioni, ha osservato le dinamiche che sembrerebbero influire davvero sulla dispersione della scarpa (scarpata o spiaggia) litoranea mazarese. Se può essere vero, infatti, che il banco e le dighe prospicienti la costa mazarese possano avere qualche influenza (positiva o negativa tutta da stabilire non a chiacchiere) in quelle parti del litorale immediatamente vicine, è altrettanto vero che, per le dimensioni, sono da ritenere al pari di ciottoli dispersi nell’oceano. Nella lotta continua tra le onde e le spiagge è arcinoto: 1 – che le onde si abbattono sui punti più forti della terraferma; 2 –che le spiagge attaccate dai marosi si difendono indietreggiando temporaneamente e frapponendo parte di esse, in posizione più avanzata, al mare, formando banchi sommersi, noti come “scanni”.
Non v’è dubbio che da circa quarant’anni a questa parte i muretti delimitativi, lo zoccolo d’uro dell’asfalto che ha sopraffatto la spiaggia, con il cemento dei caseggiati retrostanti, costituiscono i “punti più forti” della litoranea di Tonnarella con i quali le onde si scontrano ed erodono la spiaggia che non trova, quindi, più spazio idoneo in cui potere retrocedere e lasciare che gli scanni, appositamente predisposti, assorbano l’energia delle onde. Esempio tangibile di quanto detto è rappresentato nella documentazione fotografica che segue: le onde in mare aperto si scontrano con la Secca del Metanodotto che efficacemente smorza la loro energia; le onde domate, frangendosi dolcemente lungo il litorale dell’estrema parte est di Capo Feto, restituiscono alla spiaggia la sabbia che era stata predisposta come scanno nel corso dell’attacco delle ondate più forti; le onde che, invece, si scontrano con lo zoccolo duro del cemento e dell’asfalto (avanzati in seguito al crollo e alla riparazione della strada) subito dopo la spiaggia, si riportano e disperdono la sabbia nella fase di risacca.

 Ciò che si vede nella documentazione fotografica, a seconda dello spirare dei venti che sono una delle tre cause preponderanti alla formazione delle onde, si ripete per tutto il litorale. La situazione si fa più grave quando ai marosi si somma l’”acqua alta” (da non confondere con la normale fase di alta marea) che per effetto del rigonfiamento della superficie marina in corrispondenza, di solito, dell’area di bassa pressione finisce con l’allagare tutta Tonnarella, almeno da subito dopo la Soprelevata fino in corrispondenza con la Via del Mare. Contrariamente a quanto si possa pensare l’erosione è, quindi, comune sia nell’estrema parte ovest del Lungomare Fata Morgana, sia nell’estrema parte est, sia nella parte centrale. Ad ovest è più evidente appunto perché il fronte stradale e le costruzioni sono più vicine al mare. Se la sabbia riesce a ritirarsi sulla strada viene, tra l’altro, subito rimossa dalle ruspe, mentre negli spazi vuoti tra una recinzione e l’altra, oltre la strada, si possono formare delle dune embrionali con vegetazione nitrofila pioniera, altra indicazione del fatto che se la sabbia avesse spazi sufficienti per ritirarsi all’attacco delle onde, la spiaggia potrebbe conservarsi, non mettendo in conto le trasformazioni naturali.
In letteratura, infatti, gli equilibri naturali, non consentirebbero, il più delle volte, che ci sia un vincitore e un vinto nella competizione tra onde e spiagge. La spiaggia di Tonnarella è stata compromessa dai mazaresi e mentre un’opera di cosiddetto ripascimento potrebbe rivelarsi inutile, l’eliminazione dei muretti, con lo smantellamento dell’asfalto e con l’arretramento dei caseggiati di almeno trecento metri, potrebbe rivelarsi la soluzione che consenta la ricostituzione naturale della spiaggia. Cosa sicuramente improponibile per cui i frangiflutti posti, dopo adeguati studi della topografia sottomarina e delle caratteristiche di rifrazione, il più lontano possibile dalla costa e in maniera tale che consentano la regolare circolazione dell’acqua e del fogliame che annualmente viene ceduto dalle vicine praterie di Fanerogame, potrebbe essere l’unica alternativa valida. Se non è difficile dimostrare la causa – effetto dell’impatto sull’ecosistema del passaggio della condotta del gas per la palude di Capo Feto, non è altrettanto agevole dimostrare la causa – effetto dell’erosione della spiaggia di Tonnarella per la presenza della Secca del Metanodotto. Le imprese del gruppo ENI sono libere di aderire a qualsiasi richiesta di finanziamento avanzata dai mazaresi, ma è bene che, prima di tutto, provvedano a compensare l’impatto che hanno cagionato nell’area protetta di Capo Feto.Sul n. 4 dell’Opinione dell’1/3/2019 si può leggere l’integrazione (corredata da altra documentazione fotografica) alla presente pubblicazione.

Enzo Sciabica.

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