I recenti fondi europei per 17milioni di €, destinati al Comune di Mazara del Vallo e il nuovo crollo dell’asfalto del lungomare Fata Morgana di Tonnarella hanno riportato alla ribalda la questione dell’annosa erosione della spiaggia, sopraffatta appunto dall’asfalto e dal cemento tra gli anni ’60 e ’80. Nel corso di quegli stessi anni,
imprese del gruppo ENI hanno realizzato il noto metanodotto Algeria – Italia che approda proprio a limite di Tonnarella, ovvero nel biotopo di Capo Feto che già allora era tutelato da Vincolo Paesaggistico e da Vincolo apposto dall’ex Assessorato regionale Agricoltura e Foreste di Oasi di Protezione e Rifugio della Fauna. La copertura della condotta di gas, poco prima dell’approdo, ha formato un banco che per un certo tratto, quasi a limite del mare che bagna Tonnarella (pressi del Largo F.lli Rosselli), si presenta orizzontale alla linea di costa. Il banco o secca che sia, imprevedibilmente, oltre a garantire una soddisfacente copertura della condotta, si è rivelato un ottimo frangiflutti che preserva l’estrema parte est della palude di Capo Feto dalle forti mareggiate invernali e primaverili spinte dai venti di ponente e di libeccio. La penisola creatasi, nel breve volgere di tempo, ha dato, tra l’altro, vita ad uno straordinario ecosistema marino e terrestre che, però, è stato lasciato dal concessionario, almeno dal punto di vista naturalistico, nel più assoluto abbandono e degrado, affollato da pescatori professionisti e non,
da subacquei bombolari, da imbarcazioni per la pesca che fino a qualche anno addietro stazionavano là anche d’inverno (considerato il riparo), nonostante le innumerevoli segnalazioni a chi di competenza. Nel periodo estivo, formando una sorta di rada, è richiamo dei diportisti che si spingono ad ormeggiare a limite della terra ferma, ovvero della palude di Capo Feto
Non v’è dubbio che da circa quarant’anni a questa parte i muretti delimitativi, lo zoccolo d’uro dell’asfalto che ha sopraffatto la spiaggia, con il cemento dei caseggiati retrostanti, costituiscono i “punti più forti” della litoranea di Tonnarella con i quali le onde si scontrano ed erodono la spiaggia che non trova, quindi, più spazio idoneo in cui potere retrocedere e lasciare che gli scanni, appositamente predisposti, assorbano l’energia delle onde. Esempio tangibile di quanto detto è rappresentato nella documentazione fotografica che segue: le onde in mare aperto si scontrano con la Secca del Metanodotto che efficacemente smorza la loro energia; le onde domate, frangendosi dolcemente lungo il litorale dell’estrema parte est di Capo Feto, restituiscono alla spiaggia la sabbia che era stata predisposta come scanno nel corso dell’attacco delle ondate più forti; le onde che, invece, si scontrano con lo zoccolo duro del cemento e dell’asfalto (avanzati in seguito al crollo e alla riparazione della strada) subito dopo la spiaggia, si riportano e disperdono la sabbia nella fase di risacca.
In letteratura, infatti, gli equilibri naturali, non consentirebbero, il più delle volte, che ci sia un vincitore e un vinto nella competizione tra onde e spiagge. La spiaggia di Tonnarella è stata compromessa dai mazaresi e mentre un’opera di cosiddetto ripascimento potrebbe rivelarsi inutile, l’eliminazione dei muretti, con lo smantellamento dell’asfalto e con l’arretramento dei caseggiati di almeno trecento metri, potrebbe rivelarsi la soluzione che consenta la ricostituzione naturale della spiaggia. Cosa sicuramente improponibile per cui i frangiflutti posti, dopo adeguati studi della topografia sottomarina e delle caratteristiche di rifrazione, il più lontano possibile dalla costa e in maniera tale che consentano la regolare circolazione dell’acqua e del fogliame che annualmente viene ceduto dalle vicine praterie di Fanerogame, potrebbe essere l’unica alternativa valida. Se non è difficile dimostrare la causa – effetto dell’impatto sull’ecosistema del passaggio della condotta del gas per la palude di Capo Feto, non è altrettanto agevole dimostrare la causa – effetto dell’erosione della spiaggia di Tonnarella per la presenza della Secca del Metanodotto. Le imprese del gruppo ENI sono libere di aderire a qualsiasi richiesta di finanziamento avanzata dai mazaresi, ma è bene che, prima di tutto, provvedano a compensare l’impatto che hanno cagionato nell’area protetta di Capo Feto.Sul n. 4 dell’Opinione dell’1/3/2019 si può leggere l’integrazione (corredata da altra documentazione fotografica) alla presente pubblicazione.
Enzo Sciabica.
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