La Chiesa oggi è in festa perché un uomo giusto come Giuseppe ha collaborato con Dio per portare a compimento le promesse fatte ad Abramo, il padre nella fede degli Ebrei, dei Musulmani e dei Cristiani.
Con San Giuseppe si conclude il tempo dell’attesa ed inizia il tempo nuovo del compimento. I Vangeli lo presentano come un uomo sempre in una relazione d’amore silenziosa: con Dio, con Maria, con Gesù.
Adesso, questa relazione d’amore si estende a tutti a noi: innanzitutto, ai lavoratori e a coloro che cercano lavoro; ai papà che sentono la responsabilità della vita dei figli; a tutti coloro che sono sul punto di concludere questa vita terrena; ed infine, alla Chiesa perché possa essere fedele alla sua vocazione sacramentale.
Per noi cattolici, questa solennità, da nove anni ha un altro motivo di gioia: l’inizio del ministero petrino di Francesco, un vero “Padre della Chiesa”, costruttore di unità tra tutti i cristiani, difensore dei più poveri e fragili, maestro di preghiera dell’intera Chiesa. Rendiamo grazie a Dio per questo dono e continuiamo a pregare per Lui.
Dobbiamo, però, costatare che anche quest’anno è festa con l’amaro in bocca, perché l’umanità ancora una volta non riesce a vivere nella fraternità universale e con la maledetta guerra produce morte, dolore, sofferenza, povertà, disorientamento, tristezza.
Come Giuseppe siamo chiamati ad affrontare tutte le difficoltà con coraggio e pazienza, confidando nel sicuro aiuto di Dio. Chiediamo a Dio, con San Giuseppe, di ritrovare la sapienza e la saggezza per mettere fine alla violenza e alla distruzione e costruire nella pace nuovi vincoli di fraternità.
Grazie a tutti per gli auguri
Don Giuseppe Alcamo