Carissimi, viene spontaneo a Natale farsi gli auguri. Si crea un clima emotivo che ci spinge a sentirci più buoni. Si rischia, però, di restare in superficie, di non guardare a tante sofferenze e anche a tanti dubbi dentro di noi. Ecco perché vorrei per un attimo chiedervi una riflessione: per dare più senso e più verità ai nostri auguri.
Lo faccio nella bellezza delle relazioni che si sono create in questi mesi (ormai più di un anno) da quando sono tra di voi: “per voi” vescovo, ma soprattutto “con voi” cristiano e uomo che condivide le gioie e le sofferenze della vita. Lo faccio in un anno in cui ci stiamo lasciando condurre dalla Parola di Dio, perché – come leggiamo al n. 26 della Costituzione del Concilio Vaticano II Dei Verbum -
«con la lettura e lo studio dei sacri libri “la parola di Dio compia la sua corsa e sia glorificata” (2 Ts 3,1), e il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini. Come dall'assidua frequenza del mistero eucaristico si accresce la vita della Chiesa, così è lecito sperare nuovo impulso alla vita spirituale dall'accresciuta venerazione per la parola di Dio, che “permane in eterno” (Is 40,8; cfr. 1 Pt 1,23-25)».
Quando ci mettiamo in ascolto delle Scritture, si apre un dialogo che ci porta subito in profondità. La Bibbia è una “biblioteca” in cui ci sono tutte le sfumature della vita. «Nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici» (DV 2) e quindi sono importanti, come in ogni relazione, frequenza e fiducia.
Ascoltiamo allora questo Dio che ci parla nell’umanità del Figlio e scopriamo come sia potente la sua parola, cercando sempre nelle nostre giornate uno spazio di ascolto delle Scritture e partecipando ai momenti comunitari di ascolto della Parola. Invito che faccio a tutti: ai credenti, perché senza ascolto della Parola nelle Scritture rischiamo di farci un Dio a nostra immagine; a chi è in ricerca e a chi non crede, perché la Bibbia resta una fonte sorgiva di sapienza che risponde alla sete di infinito che c’è in ognuno. Anche nei doni di Natale mettiamo in conto la Bibbia o testi che ne aiutano la lettura. Sono certo che, nella misura in cui ci apriamo alla Parola, sarà più facile vivere come fratelli, essere attenti ai più poveri e capaci di attraversare con speranza i nostri tempi difficili. A tutti confido quanto mi sta profondamente a cuore: che nella nostra chiesa particolare, profondamente amata, possano rinnovarsi i prodigi operati dallo Spirito Santo agli inizi della predicazione del Vangelo.
1. Un tempo oscuro
Natale ci dice che Dio entra nel mondo mentre è notte, mentre i potenti pensano di guidare loro la storia e i poveri soffrono. Già solo questo ci aiuta a capire che, quella di Dio, è una Parola che “si approssima”, si fa carne condividendo il peso che avvertiamo spesso nella vita e nella nostra storia. Una Parola che apre una relazione e genera apertura del cuore, scendendo in profondità come accade per Maria e Giuseppe, che l’accolgono con fiducia ma anche attraversando tante prove.
Pensiamo alla difficoltà di Giuseppe e Maria come simili a quelle di tante famiglie di oggi nel trovare casa o ad arrivare alla fine del mese. Pensiamo alla strage degli innocenti che si rinnova nelle stragi e nei giochi dei potenti di oggi: le guerre, la miseria e la fame, le mafie, la corruzione, la disoccupazione, il lavoro nero, la crisi dell’agricoltura e del sistema sanitario, i femminicidi ... Ci sono pure dettagli che ci interpellano, come gli scribi e farisei: intellettuali e persone religiose che, ieri come oggi, si chiudono alla novità di Dio. Anche la “città santa” si chiude alla «via della pace», e spesso accade lo stesso alle nostre città. Nella fuga in Egitto c’è il dramma dei migranti, che ancora oggi ci interpella e chiede una lettura attenta e una risposta umana, intelligente e solidale.
La lettura delle Scritture certamente ha elementi che concorrono alla celebrazione del Natale come festa per la nascita del Bambino e la gioia di chi lo accoglie, ma non nasconde il buio del cuore e della storia umana. Già così la lettura delle Scritture ci aiuta a una celebrazione più vera, e anche a interrogarci e cercare il senso degli eventi.
2. Il lieto annuncio ci raggiunge come via della piccolezza
Leggere i vangeli del Natale ci aiuta a capire che la gioia dovremo cercarla senza saltare la realtà, ma anche senza lasciarci paralizzare, quanto piuttosto stupendoci, interrogandoci, commuovendoci. Penso ad alcune domande “serie” che, ci fanno sentire vicine tante ricerche autentiche di senso: come può cambiare la nostra storia? E quindi: come opera Dio nella storia, come opera il mistero del Natale? Come affrontare un contesto ostile o indifferente? Che cosa dice il Natale per il vero bene e la dignità dell’uomo?
Mi pare interessante quanto scriveva in una riflessione sul Natale il cardinale Carlo Maria Martini: «In primo luogo appare chiaro che il mistero del Natale è un mistero di modestia e di piccolezza. Non ha la pretesa di introdurre modifiche di grande livello, che mutino il contesto in tempi brevi. E tuttavia il mistero del Natale introduce nel cammino storico dell’uomo quegli atteggiamenti quasi impercettibili, ma che permettono di cogliere la verità dei rapporti e di modificarli nel senso di un rispetto dell’altro, di una riverenza e di un’accettazione tali da poter influire anche su contesti più ampi». Il lieto annuncio del Natale ci raggiunge allora come via della piccolezza, l’unica (se ci pensiamo bene) che ci apre a Dio, ci apre gli uni agli altri, ci apre a chi ha più bisogno di ascolto, aiuto, affetto! Sempre i testi biblici ci dicono la bellezza di questa via.
Siamo nell’ottavo centenario del presepe di Greccio. Cosa volle fare Francesco, se non rivivere il clima concreto e profondo generato dal rievocare il “farsi piccolo” di Dio? Francesco aveva intuito che la povertà e l’umiltà sono gli stili di Dio e del cristiano: poco prima, infatti, aveva chiesto e ottenuto, nella “Regola non bollata”, il riconoscimento da parte del Papa di questa intuizione: accogliamo e seguiamo Cristo solo se, contemplando lui, camminiamo sulle sue orme, camminiamo nella povertà che genera vera fraternità. Una fraternità evocata anche dal bue e dall’asinello, rimando alla pace annunciata dai profeti ma pure alla possibilità e necessità di dialogo con le altre fedi (nel Medioevo il bue evocava gli ebrei, l’asino i musulmani e, poco prima di Greccio, Francesco si era presentato disarmato presso il sultano che l’aveva accolto con cordialità, alternativa radicale alle crociate).
3. In cammino insieme!
Ecco un terzo passaggio in cui le Scritture sono di aiuto: se il luogo dove Dio prende casa tra di noi è la piccolezza, Betlemme diventa ogni “spazio” e “tempo” in cui il mistero si accoglie con commozione e si condivide con concretezza. Negli stili di umiltà, ospitalità, condivisione, con cui facciamo nostri gli stessi stili di Dio! Ecco, come Dio non ci lascia soli! Si fa vicino a noi e, quando l’ascolto della Parola è costante, si crea quella familiarità che fa risuonare dentro il nostro cuore quel «non temere» che aiutò Maria e Giuseppe a camminare sulle vie della cura del Figlio, delle relazioni belle, del coraggio, della sapienza.
Dio non ci lascia mai soli, però, anche in senso più concreto: non permette che lasciamo soli le nostre sorelle e fratelli più deboli, e ci dice che in loro Egli stesso ci visita (cf. Mt 25,40). Siamo chiamati a corrispondere con i gesti piccoli, ma veri e profondamente umani, della visita, della relazione che arriva ad accogliere alla tavola di casa (soprattutto nelle feste, quando si sente di più la solitudine), del “farci voce di chi non ha voce”.
Inoltre, Dio non ci lascia soli, ma ci mette insieme a cercare i passi del cammino, come fecero i pastori e i magi: ecco il cammino sinodale che sta aiutando la Chiesa a vivere meglio la sua identità e missione e che diventa un messaggio per tutti. Anche per la città, per la politica che, nell’essere insieme per il bene comune, trova la sua verità: «Uscire da soli da un problema è egoismo, uscirne insieme è politica!» (Scuola di Barbiana).
Non ci lascia soli il Signore! E il massimo della sua presenza è l’Eucaristia in cui ci riunisce, parla, nutre con un Pane che ci trasforma in dono come lui. Qui possiamo ricordare un’altra intuizione di San Francesco: il Natale si rinnova in ogni messa.
Diventa chiaro, allora, come la bontà del Natale non si ridurrà a mera emozione se partiamo dalla Parola, dai Poveri, dall’Eucaristia: diventa annuncio, possibilità, rigenerazione, impegno. Nel “già” della salvezza, rivelata a Natale e compiuta a Pasqua, e il “non ancora” della venuta del Signore, come ascolteremo nella messa della notte di Natale:
«Ė apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tito 2, 11-14)
Ecco, allora carissimi, il nostro augurio: che sia vero il nostro Natale, che la bontà non si consumi in un’effimera emozione ma diventi lo stile della nostra vita, apprendendo dal farsi piccolo di Dio la sua qualità principale. Per questo auguriamoci gli uni gli altri in questo Natale di dare sempre più spazio all’ascolto della Parola come Maria, come Giuseppe, i pastori, i magi … E poi costruiamo nelle nostre case, parrocchie, luoghi di incontro un presepe simbolico e uno vivo, condividendo la festa con chi è solo e attivandoci perché questo diventi poi uno stile in tutto l’anno. Come scrive papa Francesco nella lettera apostolica “Admirabile signum”,
«Alla scuola di San Francesco, apriamo il cuore a questa grazia semplice, lasciamo che dallo stupore nasca una preghiera umile: il nostro “grazie” a Dio che ha voluto condividere con noi tutto per non lasciarci mai soli».
Caro Gesù, facci capire che il modo più bello di prolungare la messa di Natale è “aggiungi un posto a tavola”, per un povero, un anziano solo, una famiglia in difficoltà, un extra comunitario…
Buon Natale, di vero cuore, “sorelle e fratelli tutti”, nell’abbraccio di Dio che si fa piccolo e non ci lascia soli!
+Angelo
Vescovo