Miei cari Fratelli e Sorelle, che alimentate la vostra fede nella comunità parrocchiale di san Lorenzo, un nuovo tempo si apre davanti a noi, che viene denominato “Anno Santo”.
Per dare senso alle parole e ai riti, per andare al cuore e alla sua sostanza è bene chiedersi: In che senso, questo 2025, può essere vissuto come “Anno Santo”? Che cosa dovrebbe avere di peculiare per rendere significativa questa denominazione? Come questo “anno santo” è a servizio della nostra salvezza? Che cosa viene chiesto a noi cristiani di nuovo e di originale, rispetto a tutti gli altri anni? Quale “porta” dobbiamo tenere spalancata perché la Chiesa testimoni il Signore come “Via, Verità e Vita”?
La Sacra Scrittura quando parla del tempo giubilare lo caratterizza con elementi molto concreti: la riconciliazione con Dio e tra gli uomini, per riscoprire la figliolanza e la fraternità; la libertà per i carcerati, per offrire loro la possibilità di ricostruirsi una vita dignitosa; il riposo per la terra, per poter avere un raccolto più abbondante nel futuro.
Per la Scrittura, il giubileo è un tempo che Dio offre al suo popolo per rigenerarsi e rigenerare la terra, così poter riscoprire il senso vero della propria identità di Popolo di Dio, nonostante la fragilità e il peccato. Il popolo d’Israele vive il suo giubileo chiudendo un tempo ed aprendone uno nuovo, con una sosta umana e spirituale.
Gesù assume e specifica ancor più la logica del giubileo anticotestamentaria, offrendo a tutti la sua vita e permettendo a tutti coloro che lo desiderano e ne sentono il bisogno di sperimentare la bellezza di un amore riconciliato. Gesù apre la “porta” della santità attraverso il suo amore riconciliato verso tutta l’umanità. Per noi cristiani, questo 2025 può essere veramente santo se facciamo dell’amore riconciliato, esteso a tutti, il caposaldo della nostra vita personale ed ecclesiale.
Un amore riconciliato, non formale e nemmeno giuridico, bensì “vitale”, perché si fonda sulla speranza che l’aiuto di Dio non può mai venire meno; l’amore di Dio non si arresta davanti a nulla, è più grande di ogni peccato, trova sempre vie inedite per coinvolgere l’uomo e riportarlo alla ragione ultima della sua vita.
Gesù ci rivela che il Padre offre, sempre e a tutti, un amore, che è “riconciliazione vitale”, che apre al futuro con speranza e coraggio. Questo anno è santo perché ci apre verso un futuro che sarà migliore del passato. Questo anno è santo perché non ci farà desiderare il tempo passato con rammarico o rimpianto, ma ci farà gustare la bellezza di una presenza divina che rigenera e rilancia. Questo anno è santo perché ci offre una “riconciliazione vitale”, che parte dall’interno dell’uomo e si esplicita in relazioni e strutture.
Dio ha posto il desiderio di riconciliazione nel cuore dell’uomo e gli offre tutto l’aiuto di cui ha bisogno per portare questo desiderio a maturazione. Il desiderio di riconciliazione e di pace accomuna tutti gli uomini, anche coloro che seguendo logiche sbagliate e metodi iniqui si fanno operatori di divisioni, di conflitti o di guerre.
Questo desiderio di perdono e di pace, può essere vissuto da noi cristiani, in questo anno 2025, in modo emblematico, con alcune specificità che caratterizzano il tempo che stiamo vivendo.
1- Innanzitutto, vivere questo desiderio di “riconciliazione vitale” nella speranza “umile”, perché l’aiuto di Dio non può essere preteso, ma semplicemente invocato e accolto. Nessuno, davanti a Dio, può avallare meriti, ma può semplicemente riconoscere che tutto è grazia, immeritata e gratuita. L’umiltà aiuta a non dare nulla per scontato o per assodato e ad assumere la logica della disponibilità per costruire e ricostruire la riconciliazione. La speranza cristiana si nutre di umiltà, di semplicità, di concretezza, di amabilità, di cortesia, di affabilità, di reciprocità e si affida sempre alla provvidenza. In questo anno santo siamo chiamati a coltivare questi sentimenti umani che danno sapore alla vita.
2- Poi, una speranza “crocifissa” perché sperimentiamo quanto difficile e complesso, a tutti i livelli, è fare della riconciliazione un punto di non ritorno. Le guerre pubbliche o segrete, grandi o piccole, familiari o sociali mettono in croce, ancora una volta, la pace e la fraternità. La nostra speranza va vissuta sempre sulla croce, come Cristo che invoca l’aiuto del Padre e il perdono per tutti. Questa speranza crocifissa non porta alla disperazione ma alla risurrezione. Il Padre non ha abbandonato il Figlio e non abbandona i Crocifissi di oggi. Dio è con l’uomo, con ogni uomo, che anela a risorgere con il perdono e la riconciliazione. Questa fede alimenta una speranza che fa guardare al futuro con fiducia, perché si percepisce la presenza di Dio nella propria vita e nella propria storia. Se Dio è con noi le difficoltà che viviamo non possono schiacciarci. Dio è con noi, è la nostra forza, è il nostro coraggio, è la nostra luce, è la nostra sapienza, è la nostra intelligenza, è il nostro tutto. Tutto quello che la vita, di bello o di brutto, ci offre, noi lo accogliamo in Dio e gli diamo un senso, che apre al futuro.
3- Infine, una speranza “paziente” con le nostre e le altrui fragilità. Consapevoli che non possiamo contare sulle nostre abilità e sulle nostre forze, possiamo semplicemente attendere con fede, in modo operoso, che le situazioni maturino per ricostruire quanto abbiamo distrutto. Attendere senza fretta non significa temporeggiare o ritardare, ma credere che le situazioni possono crescere e progredire e quindi dare il nostro contributo per portare a maturazione con pazienza ogni cosa. Prendendo spunto dalla creazione, dobbiamo comprendere che per passare dal fiore al frutto maturo c’è bisogno di tempo e della pazienza operosa del contadino. La speranza esige pazienza e buona volontà, costruisce la pace e la riconciliazione facendo decantare tutti i sentimenti che le hanno incrinate, messe in crisi e spesso distrutte. La pazienza è lasciare che il tempo, poco alla volta, faccia comprendere gli avvenimenti, non rassegnarsi agli eventi malevoli ma viverli con fiducia. Non è la pazienza dell’uomo sconfitto o rassegnato, ma di colui che sa che il tempo gioca a suo favore, perché oggi il Signore è più vicino di ieri e domani sarà più di oggi. La pazienza si coniuga con la sapienza che non schiaccia la vita sul presente, ma la protrae su un futuro che è nelle mani di Dio.
In questo anno santo, come Chiesa, siamo chiamati a coltivare una speranza umile, crocifissa e paziente, per dare il nostro apporto alla pace universale per tutta l’umanità.
Apriamo la porta dell’amore e lasciamo entrare tutti coloro che si sentono desolati, sconfitti, delusi, amareggiati dalla vita. È la “Porta Santa” che introduce dentro la vita di Dio, che è per tutti luce e gioia, riconciliazione e pace. Questo anno è santo perché possiamo ricominciare a vivere riconciliati con Dio, con noi stessi e con gli altri.
Questo è l’augurio che rivolgo a tutti voi all’inizio di questo anno che denominiamo “Santo”. Il Signore ci dia pace!
Don Giuseppe Alcamo