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Mazara. Nuovi disagi nell’erogazione idrica della zona Est della Città (via Castelvetrano alta, viale Africa, contrada Zano, Bocca Arena)

Mazara. QUELLA VOLTA ALL’ “ACQUI LORDI”

(Domenica 19 Agosto 2018)
Correva l’anno 2001 quando l’Assessorato regionale Territorio e Ambiente- Servizio XLIV (allora Gruppo), con nota prot. 44848 del 27/7/2001 a firma del dirigente generale del Dipartimento Ambiente, Rosario Navarra Tramontana, ufficialmente mi chiedeva
lo Studio sul Pantano Leone di Campobello di Mazara. Il fine sarebbe stato quello di avviare l’iter procedurale per l’istituzione del vincolo di Riserva naturale Regionale, visto che, anche se non era nelle previsioni del Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve, la Regione a norma della L. r. 14/88 poteva intanto apporre il vincolo biennale. In seguito all’XI “Convegno Italiano di Ornitologia” tenutosi a Castiglioncello il 26/30 Settembre 2001, nel corso del quale gli ornitologi italiani (più di trecento) firmammo la “Mozione per la Tutela del Pantano Leone”, in data 3/10/2001, depositai lo Studio. La riserva, ad oggi, non è stata istituita probabilmente per il fatto che il WWF Italia, gestore della vicina riserva L.Preola e G. Tondi, membro del CRPPN, reclamava anche la gestione del Pantano Leone per cui io avrei dovuto mettermi d’accordo prima con detta associazione. Così, almeno, senza mezzi termini,mi fu riferito dal dirigente ARTA che stava istruendo la pratica. Da naturalista, pur avendo fino ad allora il massimo rispetto per il WWF Italia, lasciai perdere. Oggi, vista l’attualità della Premessa a quello Studio, specialmente per quanto attiene al cattivo funzionamento dei depuratori comunali e soprattutto per stimolarela Pubblica Amministrazione a gestirli meglio, evitando di disperdere ancora le acque depurate a mare, ritengo opportuno renderla pubblica.

“Fare la presentazione del Pantano Leone a ventiquattro anni dalla sua formazione è un compito per alcuni versi arduo, ma per chi lo conosce sin dall’inizio e da qualche anno a questa parte, spinto dalla grande passione, ha la possibilità di poterlo frequentare assiduamente è senz’altro un compito anche esaltante. E’ un compito per certi versi arduo, perché ufficialmente non esistono riscontri scientifici e bibliografici con i quali confrontarsi e poi si ritiene che non faccia piacere a nessuno divulgare ufficialmente che il pantano, fino a poco tempo fa, non era altro che un oscuro specchio d’acqua denominato, con disprezzo e non a torto, “Acqui Lordi” (Acque Sporche), costituitosi per una disfunzione gestionale addebitabile alla Pubblica Amministrazione locale dell’epoca. E’ un compito per me esaltante perché ad iniziare dall’appellativo Pantano Leone, tutti gli aspetti positivi dello stagno sono stati portati alla ribalta dal sottoscritto. Casualità, imponderabilità, passione o cos’altro? Sta di fatto che la mattina del 9 aprile dell’anno 2000, di ritorno dal lago Massaciuccoli, deluso dalla scarsa presenza d’uccelli (un volo di mestoloni, uno ancora più sparuto di marzaiole, qualche cavaliere d’Italia, qualche germano tra l’altro non di rango), per rifarmi mi portai all”Acqui Lordi” del vicino Comune di Campobello di Mazara. Era una giornata uggiosa, con venti provenienti da più direzioni, ma lo specchio d’acqua pullulava d’uccelli. Ce n’erano tanti che le anatre selvatiche, irrequiete erano costrette ad involarsi continuamente per cercare spazi più liberi d’acqua per potersi sistemare e riposare. Fu così che, in mezzo ad uno stormo di quattordici marzaiole, identificai ben cinque anatre marmorizzate. Il mio pensiero volò subito al lago Massaciuccoli in cui era stato fino al giorno precedente e a Gragnani che nel 1892, per la prima volta in Italia e a quanto pare l’ultima (considerato che per le poche volte successive mancano prove documentate certe), vi rilevò la presenza dell’Anatra marmorizzata. Acque sporche o meno, palude Stigia o Eden, questo specchio d’acqua non poteva più rimanere anonimo, né poteva essere lasciato in balia dei cacciatori o poteva correre il rischio di essere tombato. In base alla sua estensione(appena 6 ha la parte completamente allagata appena altri 6 ha la parte acquitrinosa ricoperta da fitto fragmiteto) non v’è dubbio che è uno degli stagni più popolati del Paleartico Occidentale ed è proprio a causa di questa sua potenza attrattiva nei confronti degli uccelli acquatici che è apparso ai miei occhicome il re degli stagni e da qui l’appellativo di Leone. Per puro caso (non lo sapevo), la denominazione ha trovato conforto nel fatto che l’area della “sciara” in cui ricade anche la zona umida, sulla Carta d’Italia dell’I.G.M, coordinate relative al baricentro F265/TB995656, prende proprio il toponimo di “Campana Leone”. Avolere mettere da parte l’aspetto faunistico del sito, non può essere sottovalutata la peculiarità che il Pantano riveste anche sotto il profilo paesaggistico. Chi non sa, infatti, che esso raccoglie le acque reflue del Comune di Campobello di Mazara ne rimane attratto a prima vista. Ci sono tanti casi e tante testimonianze che potrei citare a sostegno di quanto affermato, ma mi limito ad accennarne uno relativo a quegli stranieri (tedeschi) che in data 5/8/2001, mentre il mio amico Piero Palermo filmava la gran moltitudine di marzaiole (agostane di ritorno dagli areali di nidificazione) intente a ruspare fra i bassi fondali dello stagno, sono finiti anche loro per qualche attimo sotto il mirino della cinepresa mentre uscivano dalle acque, dopo avere rincorso giovani di cavaliere d’italia. Non c’è da farsi meraviglia sulla biologia delle acque del Pantano, l’Italia, la Sicilia in particolare, è piena di questi casi e si sa che addirittura Zone Ramsar, come per esempio Santa Gilla, ricevono i reflui di vari Comuni, vedi Assemini, Elmas, compreso il mattatoio di Cagliari. C’è da dire però che a Campobello di Mazara non ci sono state mai industrie come la Rumianca, la Fluorsid, la Lisar, né altre che hanno portato i fanghi dello stagno cagliaritano a contenere più di 140 parti per milione di mercurio. Ciò che invece deve destare meraviglia e sgomento è il mancato funzionamento dei depuratori, regolarmente finanziati ma malamente realizzati o gestiti, specialmente oggi che si riconosce l’importanza delle acque reflue depurate.

Enzo Sciabica.