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Mazara. Poco pescato e rischio sequestri, il momento difficile dei pescherecci mazaresi

(Domenica 18 Novembre 2018)
La marineria che, fino a decenni addietro, visse momenti d’oro con ottimo pescato e commercio florido, ora vede mettere a repentaglio la vita dei suoi marinai. A poche settimane dall’ennesimo sequestro lampo di un peschereccio da parte delle motovedette libiche, Mazara del Vallo torna sotto i riflettori non
soltanto dei giornali nazionali e internazionali, ma anche della diplomazia che si muove nel tentativo – quasi sempre riuscito – di risolvere le questioni tra la marineria mazarese e i Paesi dell’altra parte del Mediterraneo. Un problema che, soprattutto con la Libia, è rimasto aperto: dal 2005 le autorità di quel Paese hanno esteso unilateralmente le proprie acque nazionali 62 miglia oltre le 12 convenzionali.

Il mare Mediterraneo, che è campo di lavoro per gli equipaggi mazaresi, così rischia di diventare un terreno minato. Annoso problema che negli ultimi anni si è trasformato in paura per tali equipaggi: per loro la necessità di spingersi nelle acque verso Tunisia e Libia è dettata dall’esigenza di trovare più pescato, in zone non eccessivamente sottoposte a stress di pesca. Ma non sempre tutto fila liscio. ecco che negli ultimi anni alcuni equipaggi sono finiti nelle mani delle autorità libiche che, in alcuni casi, hanno anche sparato a mare aperto.

«Oltre le consuete difficoltà legate alle condizioni meteo del mare, ogni giorno dobbiamo pure affrontare la paura di essere sequestrati», spiegano i marinai che praticano la pesca nel Mediterraneo. Di fronte alla pesca e al commercio legati alla dignità del lavoro c’è, dunque, l’altro lato della medaglia che mette insieme i rapporti diplomatici e confonde ciò che è di ogni Stato e ciò che è di tutti. In questo caso nel mare Mediterraneo si gioca la partita più grande che, spesso, ha fatto vincere la prepotenza e l’arroganza.

Il Mediterraneo per la ridottissima marineria di Mazara del Vallo è fonte di sostentamento e non può diventare terreno di scontro. Da più parti si sono elevati appelli ai dialoghi di pace, senza i quali non saranno possibili prospettive certe di un futuro umanamente sostenibile. L’analisi di rigore è su ciò che rimane di quella che fu la marineria più grande d’Italia. Quasi settanta pescherecci che oggi escono in mare con equipaggi misti, tra mazaresi e migranti residenziali in città. Così visto, il peschereccio è il perfetto modello di convivenza che, per altri aspetti, gioca un ruolo di visione euromediterranea di una città che ha accolto nei secoli popoli diversi.

Ma è nel mare dove succedono colpi d’arma da fuoco e sequestri che, probabilmente, si interrompe questa visione. Alla luce degli ultimi fatti di cronaca, non è più rinviabile un dialogo tra Italia e Libia che porti a ridefinire i confini delle acque internazionali, affinché i pescherecci mazaresi tornino a solcare il Mediterraneo con tutta serenità e con la speranza di un buon pescato che ricompensi delle fatiche del pescare.

[Fonte: www.diocesimazara.eu - Max Firreri]