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La "rivolta" della cassata in Sicilia per Pasqua. Ordinanza Musumeci vieta consegne a domicilio

"Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua": "povero chi non mangia la cassata la mattina di Pasqua" recita un antico detto popolare siciliano che rende bene l'idea di quello che il dolce di origine araba, diventato tra i simboli culinari della Sicilia, rappresenta per gli isolani. Ma nei giorni della pandemia anche le
tradizioni sono a rischio. E i siciliani potrebbero essere "condannati" a una Pasqua senza cassata. Le pasticcerie scontano infatti il lockdown e le consegne a domicilio, che in queste settimane hanno dato una boccata d'ossigeno a bar, ristoranti e clienti, devono fare i conti con il divieto deciso dal governatore siciliano Nello Musumeci che ha ordinato lo stop del cibo porta a porta per Pasqua e Pasquetta. Una decisione che non piace agli esercenti commerciali, alle associazioni di categoria, ai siciliani e a parte della politica. Il diktat del governatore, che nelle scorse settimane aveva imposto anche la chiusura dei supermercati nei giorni festivi, ha scatenato una rivolta: la "rivolta della cassata", capeggiata, pacificamente, dal presidente dell'Assemblea Regionale Gianfranco Miccichè. "Fino ad oggi ho condiviso ogni provvedimento del governo regionale. Eppure l'ordinanza che prevede lo stop alle consegne a domicilio per le festività pasquali mi suona stonata e controproducente", ha detto, spiegando poi che "precludere alle attività commerciali la possibilità di consegnare a domicilio i propri prodotti nel periodo delle festività è un danno aggiuntivo e ingiustificato alla già debole economia siciliana". Per ovviare al divieto clienti e pasticceri cercano di organizzarsi: i laboratori sono sommersi di prenotazioni. E' una corsa contro il tempo. L'imperativo è preparare più cassate possibile per consegnarle prima di Pasqua, prima cioè dello stop forzato. E il destino di chi compra, costretto a mangiare un dolce non fresco o addirittura scongelato, non è più roseo.

[Fonte: www.ansa.it]